Roma, 11 giugno 2009
Questa novità ci conferma che la strada giudiziaria è al momento l'unica soluzione in attesa del contratto del 2010!. Con la sentenza n. 488/09 del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, depositata il 25/5/2009, è stato accolto il ricorso di una ottantina di funzionari della Regione Sicilia per la riforma della sentenza del TAR Sicilia, n. 913 del 10 luglio 2008 che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto per l'anullamento del silenzio rifiuto tenuto dall'amministrazione regionale su un atto di diffida e messa in mora, notificato nel lontano novembre 2007, col quale gli istanti avevano chiesto l'adozione degli atti propedeutici alla istituzione dell'area separata della vicedirigenza ai sensi del'art. 17 bis del D. Lgs. n. 165/2001 e, in particolare, l'emanazione, da parte della giunta regionale, di atti di indirizzo e di impulso per l'ARAN Sicilia, per la definizione mediante contrattazione collettiva dell'area autonoma della vicedirigenza nella pubblica amministrazione regionale.
L'UGL continua con le attività necessarie per depositare i ricorsi avanti al Giudice ordinario, competente per i Funzionari appartenenti al Comparto Ministeri.Avanti tutta !
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Ricordo che il 16 giugno alle ore 16,00 a Roma presso il Residence Ripetta, in via di Ripetta n.231 abbiamo organizzato una Conferenza Programmatica sul Pubblico Impiego dal titolo "Dentro una Pubblica Amministrazione moderna ed efficace, fuori dai luoghi comuni", sarà un momento importante di riflessione e di proposte, interverrà Renata Polverini. Vi aspettiamo.
N. 1312 Reg.Ric.
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 1312/2008, proposto da
O M I S S I S
c o n t r o
il PRESIDENTE pro tempore DELLA REGIONE SICILIANA, la GIUNTA DELLA REGIONE SICILIANA, in persona del legale rappresentante pro tempore, l'ASSESSORE pro tempore ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via De Gasperi n. 81, sono per legge domiciliati;
l'A.R.A.N. SICILIA, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia,
sede di Palermo, sezione terza, 10 luglio 2008, n. 913.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla camera di consiglio del 9 gennaio 2009, il Consigliere Marco Lipari;
Uditi, altresì, l'avv. G. Rubino per gli appellanti e l'avv. dello Stato Ciani per le amministrazioni appellate;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
- La sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dagli attuali appellanti, per l'annullamento del silenzio-rifiuto tenuto dagli organismi dell'Amministrazione regionale indicati in epigrafe sull'atto di diffida e messa in mora notificato in data 27-29 novembre 2007, con il quale gli istanti hanno richiesto l'adozione degli atti propedeutici alla istituzione dell'area separata della vice dirigenza ai sensi dell'art. 17 bis del D. Lgs. n. 165/2001 e, in particolare, l'emanazione, da parte della Giunta regionale, di atti di indirizzo e di impulso per l'A.R.A.N. Sicilia, per la definizione mediante contrattazione collettiva dell'area autonoma della vice dirigenza nella pubblica amministrazione regionale.
- Gli appellanti contestano la pronuncia impugnata e ripropongono la domanda formulata in primo grado.
Le amministrazioni intimate non si sono costituite in giudizio.
D I R I T T O1. Gli odierni appellanti, ricorrenti in primo grado, espongono:
- di essere tutti funzionari direttivi dipendenti della Regione Siciliana, in possesso del diploma di laurea, inquadrati da oltre cinque anni nelle categorie D3, D4 e D5 della contrattazione collettiva del Comparto Regione-enti locali;
- di avere chiesto, con atto di diffida del 29 novembre 2007 alla Presidenza della regione siciliana, e con atto di diffida del 27 novembre 2007 all'Assessore regionale alla presidenza della regione, al Presidente della giunta regionale e al Presidente dell'A.R.A.N. Sicilia - l'emanazione di tutti gli atti necessari per la definizione, mediante contrattazione collettiva, dell'area autonoma della vice dirigenza prevista dall'art. 17 bis del D. Lgs. n.165/2001; e, in particolare, l'emana-zione, da parte della Giunta regionale, di atti di indirizzo e di impulso per l'A.R.A.N. Sicilia, per l'avvio di detta contrattazione per l'istituzione e la regolamentazione dell'area autonoma della vice dirigenza nella Pubblica amministrazione regionale;
- che gli organi istituzionali diffidati rimanevano silenti per oltre trenta giorni, rispetto alla ricezione dell'atto di diffida;
- di avere dedotto l'immediata applicabilità dell'art. 17 bis, introdotto nel D. Lgs. n. 165/2001 dalla L. n. 145/2002, istitutivo della separata area della vice dirigenza, in virtù del rinvio dinamico contenuto nell'art. 1, comma 2, della L.R. n. 10/2000, per le fattispecie non disciplinate dalla predetta legge regionale;
- che le posizioni C2 e C3, previste dal richiamato art. 17 bis, corrispondono, nell'ordinamento regionale, alla categoria D, posizioni economiche "D3" e "D4", secondo quanto previsto dall'art. 5 del D.P.C.M. 14 dicembre 2000, n. 446;
- in applicazione dell'art. 10, comma 3, della L. n. 145/2002, l'Amministrazione Regionale è obbligata ad emanare all'ARAN gli atti di indirizzo;
- in virtù di quanto sopra esposto, hanno chiesto al TAR la declaratoria di illegittimità del silenzio/rifiuto serbato dagli organismi dell'Amministrazione regionale in ordine all'atto di diffida notificato, con conseguente ordine di riscontrare l'istanza avanzata dai ricorrenti, con nomina di un Commissario ad acta che provveda in caso di perdurante inerzia.
1. Con la sentenza appellata, il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso. In particolare, il Tribunale ha escluso che nella Regione siciliana viga il dovere, per l'amministrazione regionale, di adottare le determinazioni amministrative propedeutiche all'avvio della contrattazione collettiva necessaria per dare concreta attuazione all'istituto della vice dirigenza e alla costituzione di un'apposita area di contrattazione collettiva. La pronuncia di reiezione si basa sulla seguente motivazione, incentrata sulla asserita inidoneità del "rinvio dinamico", compiuto dalla legge regionale siciliana all'ordinamento statale, a rendere direttamente applicabile la nuova disciplina della vice dirigenza, nell'ambito dell'organizzazione amministrativa siciliana.
"1 ) In via preliminare, deve rilevarsi l'inammissibilità del ricorso, anche alla luce delle recentissime pronunce rese da questa Sezione su fattispecie identiche, dalle cui argomentazioni, che il Collegio ritiene condivisibili, non ravvisa ragioni per discostarsi nel caso in esame (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 28 maggio 2008, n.711; 20 marzo 2008, n.364).
1.1) A tal fine, occorre procedere ad una sintetica ricostruzione del quadro normativo vigente nella Regione Sicilia, in ordine alla materia cui ha riguardo il ricorso.
Secondo quanto previsto dall'art.14, lettere p) e q), dello Statuto della Regione Siciliana, il legislatore regionale ha potestà legislativa esclusiva, rispettivamente, in tema di "ordinamento degli uffici e degli enti regionali" e "stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione".
Nell'esercizio di tale potestà, con Legge regionale n.10/2000, sono state dettate, tra l'altro, norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione Siciliana.
L'art.1, comma 2, della predetta Legge regionale contiene un rinvio dinamico al D. Lgs. n.29/1993, con la conseguenza che ogni successiva modifica apportata a detta fonte normativa potrebbe trovare immediata applicazione nel sistema normativo siciliano.
Deve essere, tuttavia, verificato, in relazione alle caratteristiche della disposizione normativa oggetto di rinvio, se sia possibile una immediata applicazione della norma statale richiamata o se, diversamente, non si renda indispensabile una interpositio del legislatore regionale siciliano, al fine di adattarne il contenuto all'assetto organizzativo regionale.
L'art.17 bis è stato introdotto nel D. Lgs. n.165/01 dalla L. 145/2002, la quale contiene "disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato", ed è, dunque, stata concepita per il sistema della dirigenza operante soprattutto nel comparto Ministeri; il secondo comma, ultima parte, di detta norma fa salve le competenze delle regioni e degli enti locali, secondo quanto stabito nell'art.27 del medesimo decreto n.165/01.
Stante il contenuto sufficientemente dettagliato e specifico del richiamato art.17 bis, soprattutto con riferimento ai soggetti destinatari della vice dirigenza, per i quali si rende, comunque, necessaria una corrispondenza, il rinvio alle competenze regionali non può essere interpretato, se non nel senso che ogni legislatore regionale dovrà fare, a livello regionale, ciò che ha fatto il legislatore nazionale, cioè: 1) stabilire l'istituzione della vice dirigenza; 2) individuare i beneficiari dell'automatismo; 3) statuire anche sulla possibilità, limiti e procedure della delega di funzioni dirigenziali (espressamente prevista nell'art.17 bis, comma 1, ultima parte), rinviando, per il resto, e soprattutto per il trattamento economico, alla contrattazione collettiva di comparto.
Ora, se l'art.17 bis - della cui diretta applicabilità si discute - venisse interpretato, nel senso di norma immediatamente vincolante per la Regione sotto ogni profilo di regolamentazione, potrebbe dubitarsi della sua costituzionalità: corre l'obbligo di evidenziare, al fine di fare chiarezza sul punto, che l'ambito di operatività delle disposizioni statali e regionali richiamate deve essere verificato attentamente, anche alla luce del nuovo assetto ordinamentale introdotto dalla riforma del Titolo V della Costituzione, che sembrerebbe avere attribuito alla potestà legislativa esclusiva delle Regioni a statuto ordinario la disciplina del rapporto di lavoro dei propri dipendenti.
Ciò, a fortiori, tenuto conto della circostanza che la richiamata Legge Regionale n.10/2000 è antecedente alla citata riforma costituzionale.
Al riguardo, non è superfluo evidenziare che la Corte Costituzionale, con sentenza n.274/2003, ha affermato che la materia della disciplina dello stato giuridico ed economico del personale regionale - sia di regioni a statuto speciale che di regioni a statuto ordinario - rientra nella potestà legislativa esclusiva delle regioni stesse, come prevista dal comma 4 del menzionato art. 117 Cost.; con la conseguenza che la legge regionale non è tenuta a rispettare le disposizioni statali recanti norme fondamentali di riforme economicosociali e che i parametri, cui deve riferirsi ogni Regione, sono soltanto quelli costituzionali e comunitari; con l'ulteriore inevitabile conseguenza, per cui il legislatore nazionale non potrebbe dettare norme di dettaglio immediatamente vincolanti.
1.3) Ciò premesso, pur ammettendo che, nell'ambito della Regione Sicilia, l'art.17 bis, per il tramite del rinvio dinamico contenuto nell'art.1, comma 2, della L.R. n.10/2000, sia - in ipotesi - direttamente applicabile, una immediata operatività della norma potrebbe essere limitata esclusivamente alla previsione dell'istituto della vice dirigenza.
Peraltro, tale rinvio sarebbe del tutto privo di utilità pratica, perché di fatto inoperante, a causa della mancata individuazione, da parte del legislatore regionale, dei destinatari di tale nuova area.
Va notato, a tal proposito, che l'esatta individuazione dell'ambito soggettivo di estensione della nuova area - cui la norma statale ha provveduto in maniera inderogabile per le amministrazioni statali - risulta un passaggio normativo determinante, perché tale nuova figura comporterebbe un aumento dei costi contrattuali, che non può certo collegarsi ad un numero incerto di soggetti.
Con particolare riferimento, poi, alle equiparazioni previste nel D.P.C.M. n.446/2000, richiamato dai ricorrenti, in questa sede non può che ribadirsi quanto già argomentato da questo Tribunale, in fattispecie identiche (cfr. TAR Sicilia, Palermo, III, sentenze n.711/2008 e n.364/2008), e cioè che detto Decreto non può essere applicato alla fattispecie che ci occupa, in primo luogo, poiché lo stesso ha stabilito le apposite tabelle di corrispondenza ai soli fini della mobilità intercompartimentale, e ciò, verosimilmente, proprio nel rispetto delle prerogative regionali; in secondo luogo, poichè il comma 2, prima parte, dell'art. 17 bis, nel fare rinvio al decreto ministeriale di definizione dell'equivalenza delle posizioni, si riferisce esclusivamente alle altre amministrazioni pubbliche statali non ministeriali (anche ad ordinamento autonomo), con esclusione delle Regioni ed Enti Locali, per i quali fa, infatti, salve le competenze, secondo quanto stabilito dall'art.27 del medesimo Decreto legislativo.
Per quanto attiene al precedente giurisprudenziale menzionato dai ricorrenti (T.A.R. Lazio, Sez. I, n.4266/2007), si ribadisce quanto già ampiamente argomentato da questo Tribunale con le citate sentenze (cfr. TAR Sicilia, n.711/2008 e n.364/2008), e cioè che tale precedente giurisprudenziale si riferisce al comparto Ministeri, per il quale esiste una norma di legge ad hoc – l'art.17 bis D. Lgs. N.165/2001 – la quale costituisce l'indispensabile addentellato normativo, al quale dare compiuta applicazione, e sul quale si fondava la posizione di interesse qualificato degli istanti nella predetta controversia.
Non è superfluo, inoltre, evidenziare, con riferimento al precedente giurisprudenziale menzionato, che, in ordine al caso sottoposto all'esame del T.A.R. Lazio sull'applicazione dell'art.17 bis, era stato anche previsto apposito stanziamento dall'art.1, comma 227, della Legge Finanziaria 2006, senza il quale non avrebbe potuto, comunque, essere definita nessuna trattativa contrattuale.
1.4) Poiché, pertanto, l'istituzione dell'area della vice dirigenza, per cui si controverte, risulta nella Regione Siciliana del tutto sprovvista di propria specifica disciplina, gli odierni ricorrenti non possono vantare che un mero interesse di fatto ad una compiuta regolamentazione della materia.
2) Conclusivamente, non sussistendo in capo agli organi intimati alcun potere-dovere di provvedere e, quindi, in capo ai ricorrenti alcuna posizione di interesse legittimo, non è ipotizzabile che, nel caso di specie, sussistano posizioni differenziate suscettibili di tutela, neanche sotto il profilo della declaratoria dell'obbligo di provvedere mediante lo strumento processuale di cui all'art.21 bis della L. TAR.
Alla luce delle superiori considerazioni, il Collegio ritiene che il ricorso sia inammissibile."
1. L'appello, che contesta analiticamente le statuizioni del TAR, è fondato, per le ragioni di seguito illustrate.
È certamente condivisibile - e non contestata dagli appellanti - l'impostazione di fondo seguita dal tribunale: in forza delle previsioni statutarie (in particolare, dell'articolo 14, lettere p) e q), il legislatore regionale siciliano ha potestà legislativa esclusiva nella parte più consistente e rilevante delle materie in cui si inserisce la disciplina della vice dirigenza. In particolare, spetta alla legislazione regionale la potestà normativa riguardante la stessa decisione di prevedere, o meno, la figura organizzativa della vice dirigenza.
Le citate disposizioni dello Statuto di autonomia, infatti, prevedono la potestà legislativa esclusiva regionale, in tema di "ordinamento degli uffici e degli enti regionali" e di "stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione". L'assetto organizzativo della dirigenza si connette a tali ambiti, pur presentando alcuni aspetti interferenti con l'ordinamento civilistico del rapporto di lavoro privato, peraltro non rilevanti in relazione all'istanza formulata dai ricorrenti.
Pertanto, nell'esercizio della propria autonomia normativa, il legislatore regionale può definire l'assetto della organizzazione del lavoro e gli altri profili riguardanti la disciplina professionale dei dipendenti, senza alcun rigido condizionamento derivante delle opzioni compiute dalla legge statale, anche in relazione ad aspetti essenziali dell'ordinamento giuridico ed economico.
Dunque, in base all'assetto costituzionale dei rapporti tra fonti statali e regionali, spetta al legislatore regionale anche la scelta relativa alla configurazione dell'ordinamento professionale del personale dipendente. All'interno di tale potestà normativa si collocano le opzioni riguardante l'eventuale istituzione della vice-dirigenza e la sua eventuale disciplina positiva.
1. Si tratta di stabilire, allora, se la Regione Siciliana, nell'esercizio dell'autonomia legislativa riservatale, abbia adottato o meno delle disposizioni legislative che prevedano l'istituzione della vice dirigenza e, conseguentemente, obblighino i competenti organi regionali ad assumere le determinazioni amministrative necessarie per attuare, concretamente, le disposizioni in materia, a cominciare dall'adozione degli atti di indirizzo per la contrattazione collettiva.
Al riguardo, il Consiglio osserva, che proprio nell'esercizio dell'autonomia legislativa in materia di ordinamento del personale e di organizzazione degli uffici, la legge regionale n. 10/2000, ha dettato, tra l'altro, norme specifiche sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana.
L'art. 1, comma 2, della predetta legge regionale, peraltro, contiene un rinvio dinamico e di chiusura al D. Lgs. n. 29/1993, con la conseguenza che ogni successiva modifica apportata a detta fonte legislativa trova immediata applicazione nel sistema normativo siciliano: "Per quanto non previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche ed integrazioni, sostituendo al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Consiglio dei Ministri rispettivamente il Presidente della Regione e la Giunta regionale."
Anche nel settore del lavoro pubblico, quindi, la Regione siciliana ha utilizzato, per propria scelta autonoma, la tecnica, non inconsueta, della parziale armonizzazione con la legislazione statale, applicabile, però, solo in via residuale, in mancanza di apposita disciplina regionale.
In questo caso, lo strumento utilizzato consiste nel rinvio dinamico alla normativa statale, correlato, peraltro al necessario presupposto dell'accertata mancanza di una espressa disciplina contenuta nella specifica legislazione regionale.
Il rinvio dinamico al decreto legislativo n. 29/1993, proprio per il suo palese carattere "mobile" deve intendersi esteso al testo unico del pubblico impiego n. 165/2001 (nonché alle relative successive modifiche ed integrazioni), che ha recepito nel proprio ambito, e parzialmente modificato, le disposizioni del decreto legislativo n. 29/1993.
La norma regionale che prevede la relatio all'ordinamento statale non richiede altre particolari condizioni per il recepimento della normativa statale riguardante la materia del lavoro pubblico. L'unico presupposto richiesto consiste nella riscontrata esistenza di una lacuna nel tessuto legislativo regionale.
1. La sentenza appellata non nega che la materia della vice dirigenza, nell'ambito siciliano, sia priva di una particolare disciplina regionale.
Ritiene, tuttavia, che, in considerazione delle sue "specifiche caratteristiche", la disposizione prevista dalla legislazione statale (art. 17 - bis del decreto legislativo n. 165/2001, introdotto dalla legge n. 145/2002), non potrebbe operare immediatamente in Sicilia, ma richiederebbe un'apposita "interpositio" legislativa regionale.
Nessuno degli argomenti indicati a sostegno di questa tesi risulta persuasivo, considerando l'inequivoca formulazione della norma regionale di rinvio all'ordinamento statale, nonché i contenuti propri del citato articolo 17-bis.
1. Sotto un primo aspetto, la sentenza osserva che la previsione dell'articolo 17 bis sia "stata concepita per il sistema della dirigenza operante soprattutto nel comparto Ministeri".
Tale esatto rilievo, tuttavia, non impedisce affatto l'operatività del rinvio dinamico all'ordinamento statale, che è espressamente considerato, dal legislatore regionale, come generale fonte di integrazione delle lacune della normativa regionale, indipendentemente dal grado di specificità e puntualità della previsione.
D'altro canto, nel contesto sistematico della previsione dell'articolo 17-bis non emergono indici diretti a circoscriverne la portata della previsione al solo ambito ministeriale statale. Al contrario, lo stesso articolo 17-bis prevede, senz'altro, la possibilità di estensione della vice dirigenza anche alle altre amministrazioni, con il solo rispetto delle regole procedurali riguardanti la formazione delle norme ordinamentali di ciascun ente pubblico.
1. A dire del tribunale, tuttavia, il secondo comma, ultima parte, della disposizione "fa salve le competenze delle regioni e degli enti locali, secondo quanto stabilito nell'art. 27 del medesimo decreto n.165/01". Ciò implicherebbe, a suo dire, l'esplicita esclusione dell'applicabilità della disciplina al di fuori del comparto ministeriale statale.
Ma neanche tale considerazione risulta decisiva, ai fini della delimitazione del campo applicativo della vice dirigenza. Non è infatti impedito alle Regioni e agli enti locali di adottare autonome determinazioni finalizzate al recepimento dei contenuti della disposizione statale.
Nel quadro dell'articolo 17-bis, semmai, il riferimento alle amministrazioni territoriali è compiuto proprio per indicare la potenziale capacità espansiva dell'istituto della vicedirigenza anche al di fuori dell'ordinamento ministeriale, e non certo per delimitarne l'estensione.
La previsione legislativa statale, in altri termini, afferma la piena compatibilità "logica" della vice dirigenza con l'assetto organizzativo delle Regioni e degli enti locali, riconoscendo il potere normativo di tali soggetti istituzionali, come definito dalle regole sulle fonti.
L'applicazione della vice dirigenza alla Regione Siciliana, pertanto, non può essere impedita dalla asserita "specificità" della norma contenuta nell'articolo 17-bis. L'unico ostacolo alla estensibilità della vice dirigenza è rappresentata dalla presenza di una disposizione regionale, precedente o successiva, che regoli diversamente la fattispecie.
Ma, nell'attuale contesto normativo, non emerge alcuna disposizione regionale o principio generale dell'assetto organizzativo siciliano, incompatibile con l'istituto della vice dirigenza.
- Dunque, attraverso il rinvio dinamico, il legislatore regionale ha recepito tutte le previsioni statali in materia di vice dirigenza, realizzando, senza alcuna necessità di ulteriori atti normativi, i contenuti della disciplina dell'articolo 17 bis indicati dal TAR: 1) stabilire l'istituzione della vice dirigenza; 2) individuare i beneficiari dell'automatismo; 3) statuire anche sulla possibilità, limiti e procedure della delega di funzioni dirigenziali (espressamente prevista nell'art.17 bis, comma 1, ultima parte), rinviando, per il resto, e soprattutto per il trattamento economico, alla contrattazione collettiva di comparto.
- Questa lettura interpretativa, che conduce, sul piano sostanziale, ad una piena assimilazione tra la normativa statale e quella regionale, nel settore specifico della vice dirigenza, non scalfisce affatto l'autonomia costituzionale della Regione siciliana, perché l'indicata identità di disciplina della vice dirigenza non è imposta dalla normativa statale (nemmeno in via meramente sussidiaria), ma avviene sulla base di una scelta del tutto autonoma della Regione, compiuta, preventivamente, attraverso la tecnica del rinvio dinamico alla legislazione nazionale.
- Non è persuasivo nemmeno l'ulteriore argomento esposto dal tribunale, secondo cui il rinvio non potrebbe realizzarsi "in modo automatico", poiché non sarebbe possibile individuare i beneficiari della nuova disciplina della vice-dirigenza, considerando il riferimento puntuale dell'articolo 17-bis a categorie non considerate dalla legislazione regionale.
A tale riguardo, infatti, possono certamente utilizzarsi i precedenti provvedimenti di "equiparazione" adottati ai fini della mobilità intercompartimentale dei dipendenti pubblici.
In ogni caso, anche ipotizzando l'asserita incompletezza della disciplina riguardante i destinatari della disciplina della vice dirigenza, poi, in sede di formulazione degli indirizzi per la contrattazione collettiva, l'amministrazione avrebbe la possibilità di delineare in modo puntuale l'ambito soggettivo di estensione dell'area della vice dirigenza.
- È appena il caso di osservare, ancora, che l'istituzione della vice dirigenza, nel contesto dell'articolo 17-bis, non è affatto subordinata alla preventiva individuazione di appositi stanziamenti di bilancio. Spetta alle amministrazioni titolari dei poteri di indirizzo in materia di contrattazione collettiva il compito di definire le corrette modalità di determinazione di trattamenti economici compatibili con gli eventuali vincoli di bilancio.
- Va rilevato, infine, che, nel presente giudizio, è contestata solo l'inerzia dell'amministrazione nell'adozione degli atti amministrativi propedeutici all'avvio della contrattazione collettiva volta all'introduzione dell'area contrattuale della vice dirigenza.
Pertanto, l'accertamento di tale inadempimento non comporta alcuna immediata conseguenza in ordinealla fondatezza di eventuali pretese sostanziali degli appellanti, volte ad ottenere l'accertamento dello stato giuridico ed economico di vice dirigente.
Tali domande, peraltro non formulate in questo giudizio, sarebbero comunque estranee alla giurisdizione amministrativa.
- In definitiva, quindi, l'appello deve essere accolto.
Pertanto, le amministrazioni appellate sono obbligate ad assumere, nel termine di trenta giorni decorrenti dalla comunicazione o notificazione della presente decisione, le determinazioni espresse, in risposta alla richiesta formulata dagli interessati.
In mancanza, provvederà in via sostitutiva, quale commissario ad acta, l'assessore regionale al personale o un suo delegato, sulla base della richiesta formulata direttamente dagli appellanti.
- Le spese possono essere compensate, considerando la complessità delle questioni giuridiche trattate.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
- accoglie l'appello, compensando le spese;
- per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado, nei sensi indicati in motivazione;
- ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2009, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, con l'intervento dei signori: Riccardo Virgilio Presidente, Paolo D'Angelo, Marco Lipari, estensore, Antonino Corsaro, Filippo Salvia, Componenti.
F.to: Riccardo Virgilio, Presidente
F.to: Marco Lipari, Estensore
F.to: Loredana Lopez, Segretario
Depositata in segreteria il 25 maggio 2009
Cordialmente.
Raffaella Micucci
335 83 91 325