Roma, 20 marzo 2009
In attesa che venga finalmente disciplinata la Vicedirigenza, apprendiamo che l'istituto della "Reggenza", laddove non inserita nel profilo descritto dal contratto integrativo di ministero, non può essere riconosciuta ne retribuita.
Desidero ricordare che la reggenza era prevista all'art. 20 del D.P.R. n. 266/87 "il personale della nona qualifica sostituisce il Dirigente in caso di assenza o di impedimento ed assume la reggenza dell'Ufficio in attesa della destinazione del Dirigente titolare": è l'ennesima attestazione di un ingiustizia che viene perpetrata nei confronti dei Funzionari dello Stato, che svolgono attività di elevata professionalità senza riconoscimento alcuno.
L'UGL continua la battaglia sul campo ! Siamo pronti a difendere tutti i Funzionari dello Stato !
Di seguito il testo della sentenza n. 54 del 7 gennaio 2009, della Corte di Cassazione - Sezione Lavoro.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 3 dicembre 2001, Domenico Prochilo adiva il Tribunale di Udine esponendo di essere un dipendente del Ministero delle Finanze dal 1975, addetto all'Agenzia delle Entrate di Udine con la qualifica di capo-area. Riferiva di essere stato inquadrato in area C, al livello apicale, e cioè in corrispondenza al cessato livello IX della carriera direttiva e di avere dalla fine del 1993 sino al 19 gennaio 2000 ricevuto il conferimento in via temporanea di compiti dirigenziali, in assenza di un titolare, presso la divisione I affari giuridici. Precisava ancora che dopo il giugno 1998 doveva essergli riconosciuta la retribuzione dirigenziale avendo egli svolto appieno le relative mansioni ma percependo solo la retribuzione di posizione di dirigente ma non quella "base". Tutto ciò premesso, chiedeva il riconoscimento dell'intero trattamento economico - per il periodo dal 30 giugno 1998 sino al 19 gennaio 2000 - previsto dal contratto collettivo con la condanna al pagamento di quanto richiesto ai danni del Ministero e della Agenzia.
Il primo giudice accoglieva la domanda ed, a seguito di gravame, la Corte d'appello di Trieste con sentenza del 29 dicembre 2004 accoglieva parzialmente l'appello ed, in parziale riforma della impugnata sentenza, dichiarava che solo dalla entrata in vigore del contratto collettivo del 1999 il Prochilo aveva diritto alle differenze retributive rivendicate e condannava il Ministero a pagare tali somme con gli interessi legali dal dovuto al saldo, confermando nel resto la decisione appellata e compensava le spese del giudizio. Nel pervenire a tale conclusione la Corte territoriale osservava che il contratto collettivo del comparto Ministeri (entrato in vigore il 6 febbraio 1999, e con il quale erano state delineate le mansioni dei lavoratori inquadrati nella posizione economica C3) posto a raffronto con l'art. 20 del d.p.r. n. 266 del 1987 - descrittivo delle mansioni del personale inquadrato nella ex nona qualifica (posizione C3) – portava ad escludere che, a seguito dell'entrata in vigore del suddetto contratto, tra le mansioni del personale C3 potesse essere annoverata ancora l'ipotesi di reggenza d'ufficio, invece inclusa espressamente tra i compiti attribuiti in precedenza al personale ex nona qualifica, prevedendo infatti il contratto collettivo solo il temporaneo svolgimento di funzioni dirigenziali nella ipotesi di assenza del titolare.
Avverso tale sentenza l'Agenzia ed il Ministero propongono ricorso per cassazione, affidato ad un duplice motivo.
Resiste con controricorso Domenico Prochilo, che spiega anche ricorso incidentale.
Motivi della decisione.
Ai sensi dell'art. 335 c.p.c. va disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale perché proposti avverso una medesima decisione.
Con il primo motivo del ricorso principale l'Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. nonché omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c.. In particolare la ricorrente addebita alla Corte territoriale di essersi attenuta ad una interpretazione letterale del dato contrattuale trascurando di considerare che tra l'ipotesi di reggenza per mancanza del titolare dell'ufficio e quella della sostituzione per assenza o impedimento non vi era una differenza tale da indurre a ritenere decisiva - al fine di espungere la reggenza dalle mansioni del personale C3 - la mancata espressa menzione nella clausola contrattuale di tale istituto perché in effetti in entrambe le ipotesi il tratto comune è la mancanza del soggetto titolare dell'incarico dirigenziale, non sembrando ragione idonea a diversificare le due fattispecie la circostanza che detta mancanza si verifichi per la temporanea vacanza dell'ufficio dirigenziale ovvero per la temporanea assenza o per impedimento del titolare. Ritenere diversamente avrebbe comportato infatti - sul presupposto di una profonda differenza tra la reggenza e le altre ipotesi di sostituzione - una perdita di mansioni (con conseguente dequalificazione professionale) in capo ad una intera categoria di personale; effetto questo sicuramente non voluto dalle parti negoziali.
In altri termini la formula utilizzata da dette parti ("assumono temporaneamente funzioni dirigenziali in assenza del dirigente titolare") comprendeva quali mansioni tipiche della posizione economica C3, tutte le ipotesi di assenza del dirigente anche in considerazione del carattere non tecnico della nozione di assenza, che consente di riferire alla suddetta espressione sia l'ipotesi in cui il dirigente sia assente in quanto impedito sia l'ipotesi in cui sia assente in quanto non ancora nominato.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce omessa o contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. assumendo che una volta ritenuto - come aveva fatto il giudice d'appello – che nelle mansioni tipiche della nona qualifica professionale era ricompresa anche la reggenza ed una volta accertato, quindi, che le funzioni dirigenziali svolte quale reggente rientravano tra i compiti propri del Prochilo, la Corte d'appello non avrebbe dovuto tenere conto del predetto periodo di tempo per accertare la temporaneità dell'incarico ricoperto ed avrebbe dovuto prendere in considerazione solo il tempo di reggenza dell'ufficio successivo al 16 febbraio 1999.
I due motivi del ricorso principale, da esaminarsi congiuntamente per comportare la soluzione di questioni giuridiche strettamente interdipendenti, vanno rigettati perché infondati.
Questa Corte ha statuito in una fattispecie analoga a quella in esame che il profilo lavorativo relativo alla posizione economica C3, di cui all'allegato A del ccnl del Comparto Ministeri del 16 febbraio 1999, non ricomprende tra le proprie funzioni l'espletamento di quelle di reggenza della superiore posizione lavorativa dirigenziale per vacanza del relativo posto, atteso che - in base al principio di cui all'art. 1362 cod. civ., secondo cui il principale strumento interpretativo della volontà delle parti è costituito dalle parole ed espressioni del contratto - deve ritenersi che i contraenti, omettendo l'indicazione della reggenza tra le mansioni proprie della qualifica della posizione economica C3, abbiano inteso consapevolmente escludere tale figura dalla relativa declaratoria (Cass. 17 marzo 2005 n. 5892). I giudici di legittimità hanno nell'occasione specificato che il mancato riferimento alla reggenza è tanto più evidente se si pone a raffronto la declaratoria della posizione economica C3 con la declaratoria della corrispondente declaratoria della nona qualifica funzionale contenuta nell'art. 20 del d.p.r. 8.5.1987 n. 266 (ora dichiarato inapplicabile dall'art. 39 del CCNL), secondo cui il personale della nona qualifica "sostituisce il dirigente in caso di assenza od impedimento" ed "assume la reggenza dell'ufficio in attesa della destinazione del dirigente titolare", specificando altresì che il silenzio della norma contrattuale in esame sulla reggenza non può essere superato facendo rientrare la "reggenza" nella "sostituzione", quest'ultima espressamente prevista dalla declaratoria, trattandosi di istituti diversi, in quanto la reggenza presuppone la vacanza della titolarità dell'ufficio dirigenziale, mentre la sostituzione è prevista solo temporaneamente per il caso di assenza o impedimento del titolare dell'ufficio superiore (cfr. in tali termini di motivazione: Cass. 17 marzo 2005 n. 5892). E che debba essere operata - contrariamente a quanto sostiene la ricorrente principale - una netta distinzione sulla base della contrattazione collettiva tra l'ipotesi della "reggenza" in ragione della sua specificità e la sostituzione nella direzione dell'ufficio per "assenza" o "impedimento temporaneo" del titolare dell'ufficio direttivo si evince anche da numerosi pronunziati dei giudici di legittimità (cfr. infatti Cass. 5 ottobre 2007 n. 20899 nel senso che l'ipotesi della reggenza costituisce una specificazione dei compiti di sostituzione del titolare assente o impedito, contrassegnata dalla straordinarietà e temporaneità - "in attesa della destinazione del dirigente titolare" - con la conseguenza che la reggenza è consentita, senza che si producano gli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, solo allorquando sia stato aperto il procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura cui adde Cass. 17 aprile 2007 n. 9130 e, più di recente Cass. 22 febbraio 2008 n. 4675).
Consegue da quanto sinora detto che il ricorso principale va rigettato per essere incentrato nella sua articolazione della negazione dei principi fissati dalla ricordata giurisprudenza di legittimità; principi che vanno ribaditi in questa sede per non essere state prospettate ragioni idonee per disattenderli.
La sentenza impugnata, invece, avendo fatto corretta applicazione dei suddetti principi e per risultare adeguatamente motivata e priva di salti logici, si sottrae ad ogni censura in questa sede di legittimità, anche quindi a quella contenuta nel secondo motivo del ricorso avente ad oggetto un vizio ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. non affatto riscontrabile nel caso di specie.
Va rigettato anche il ricorso incidentale con il quale Domenico Prochilo ha chiesto il pagamento delle differenze retributive non solo per il periodo successivo alla entrata in vigore del contratto collettivo del 1999 (solo a partire dal quale sono state riconosciute dal giudice d'appello le differenze retributive rivendicate), ma invece per l'intero periodo corrente dal 30 giugno 1998 al 19 gennaio 2000. Ed invero il ricorso del Prochilo si basa su motivi di diritto e su dati fattuali del tutto generici, anche perché in esso non sono state specificate le concrete mansioni svolte dal Prochilo nel periodo antecedente l'entrata in vigore del contratto collettivo del 1999, per le quali si sono rivendicate le differenze retributive; specificazione invece che sarebbe stata necessaria per stabilire se le stesse davano diritto - anche per il grado di responsabilità che comportavano - all'intero trattamento economico spettante ai titolari degli uffici direttivi, così come richiesto dal ricorrente incidentale.
Per concludere il ricorso principale e quello incidentale vanno rigettati. Ricorrono giusti motivi - tenuto conto della natura della controversia e dell'esito di ambedue i ricorsi proposti davanti a questa Corte - per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
Cordialmente.
Raffaella Micucci
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